martedì 18 dicembre 2012

Hysteria

L'isteria è uno dei temi più importanti della storia del femminismo. 
Un tempo una diagnosi frequente per le donne che presentavano qualsiasi problema psichiatrico e non solo, è oggi visto come una delle pagine più vergognose della storia della medicina. 
L'isteria, però, ha lasciato un'eredità abbastanza curiosa: l'invenzione del vibratore.
Lo so, risulta difficile pensare che un tempo questo strumento di piacere fosse usato per serissimi scopi psichiatrici, ma queste sono le stranezze del passato. 
Era solo una questione di tempo, quindi, prima che qualcuno non venisse in mente di ricavarci un film. 
Nel 2011, infatti, è uscito Hysteria, diretto da Tanya Wexler.

Londra, 1880: il giovane medico Mortimer Granville (Hugh Dancy) pieno di idee nuove sulla medicina (ad esempio, il lavaggio delle mani prima di curare i pazienti) e per questo maltrattato dalla comunità medica, finisce a lavorare a casa del dottor Darlymple (Jonathan Pryce), il quale cura le pazienti isteriche attraverso "massaggi particolari" alle donne. Granville non è entusiasta del suo nuovo lavoro -gli vengono i crampi alla mano destra- ma continua, e in poco tempo si innamora della figlia del suo datore di lavoro, la bellissima e perfetta Emily (Felicity Jones), ideale della donna vittoriana, e intende sposarla. Il dottor Darlymple, però, ha anche un'altra figlia, Charlotte (Maggie Gyllenhaal), una ragazza vitale, socialista e femminista, sulla quale pende il sospetto che soffra di isteria...

Come avrete intuito, si tratta di una commedia romantica. Nonostante il tema, non scade mai nella volgarità, e, aldilà di qualche battuta infelice, riesce sempre a essere garbato dall'inizio alla fine. 
Un grande pregio del film è la sua delicatezza: i temi del sesso, della parità tra uomini e donne, politica e socialismo non sono mai presentati in una luce negativa o esagerati a scopi comici; il vibratore in sé, dice il personaggio di Charlotte, è una bella invenzione perché non fa male a nessuno e dà piacere alle donne, ma è ovvio che non può risolvere i problemi del sesso femminile, poiché essi derivano da altre fonti: la mancanza di lavoro, di indipendenza, la povertà, il non poter studiare...
Credo che sia questa frase ad avermi conquistata, guardandolo: nelle commedie romantiche -e nelle storie d'amore in generale- il messaggio fondamentale mandato alle donne è "Un uomo risolverà tutti i tuoi problemi" e "l'amore/il sesso è la cosa più importante". Hysteria avrebbe potuto cadere facilmente in questa trappola, e la evita elegantemente. 
Il segno che la nostra società è imbevuta di questo messaggio si può ritrovare nella pubblicità stessa che è stata fatta al film, basta guardare questo poster: 

Il sottotitolo italiano è un capolavoro.

...il quale dà un'impressione completamente diversa dell'opera e addirittura andando contro la sua morale. 
Non credo ci sia bisogno di un'ulteriore prova per dimostrare che ci servono film così.

Non che sia del tutto perfetto, per carità: il finale è un po' affrettato e scontato, perché, in fin dei conti, non si discosta dai genere romantico né vuole farlo, limitandosi a presentare il suo lieto fine con meno dolcezza del solito. 

Hysteria: una commedia romantica che vi farà pensare. 

Nel cast si trova anche Rupert Everett, nel ruolo di un ricco e pigro tecno-entusiasta, per una volta del tutto esente da battute sull'omosessualità. La sua è senza dubbio una delle parti più divertenti del film. 




Hysteria (2011)

Regia: Tania Wexler
Con: Hugh Dancy, Maggie Gyllenhaal, Jonathan Pryce, Rupert Everett

 .

















domenica 16 dicembre 2012

L'ombra del Vento

Giusto per bilanciare un po' le cose, stavolta mi cimenterò in una recensione negativa, le quali, come tutti sappiamo, sono molto più divertenti da scrivere. 

Sì, avete letto bene, questa sarà una critica NEGATIVA dell'Ombra del vento, il libro che è diventato un vero e proprio caso letterario. Pubblicato nel 2001, questo romanzo dell'autore spagnolo Carlos Ruiz Zafón, e pubblicato in Italia nel 2004,  ha conosciuto una grande fama a partire nel corso degli anni, a quanto pare grazie al tradizionale metodo passaparola tra i lettori, i quali, grazie alle alte vendite, hanno spinto le case editrici a pubblicarlo in grande stile. 
Io non so quanto di tutto questo sia vero, se si è trattato di una vera richiesta da parte del pubblico, o piuttosto di una strategia di marketing per promuovere vari libri del genere gotico d'avventura che in quegli anni stava rapidamente tornando di moda. Non so neanche se il libro fosse un autentico best-seller prima che le case editrici lo pubblicizzassero come tale, e se davvero aveva avuto tutte quelle recensioni positive quand'era uscito la prima volta. 
So solo questo: comprare L'Ombra del Vento ha posto fine alla mia brutta abitudine di leggere qualcosa solo  perché la leggono tutti. Mi era stato consigliato dal Venerdì di Repubblica, la Repubblica stessa, vari blog di critica letteraria, e ogni singolo utente dei forum che all'epoca frequentavo. 
Non  potevo dire di no, giusto? Giusto? Tra l'altro c'era pure il sequel!
Nel  Settembre 2010,  dunque, entro in libreria e compro l'Ombra del Vento, edizione economica, curiosa di vedere com'è. 

AVVERTENZA: E' impossibile per me continuare senza aggiungere SPOILER. Quindi, d'ora in poi, leggete a vostro rischio e pericolo. 

Cosa c'è ,quindi, che non va in questo famoso romanzo? Lasciate che io le enumeri: 

La Trama, ovvero l'autore spera che voi non abbiate mai letto un romanzo gotico o un thriller prima del suo.

La trama dell'Ombra del Vento, come ogni romanzo del suo genere, ha una trama intricata con molte storie e molti personaggi. Si tratta delle vicissitudini di Daniel Sempere, un ragazzo barcellonese degli anni 40 alla ricerca di Julián Carax, misterioso scrittore dell'Ombra del Vento, un romanzo gotico che il protagonista ha scelto (o è stato il libro a scegliere lui?) in un posto chiamato il Cimitero dei Libri dimenticati. 
La storia, di per sé, scorre abbastanza bene, e devo essere sincera,  l'ho letto velocemente, ansiosa di sapere cosa sarebbe successo dopo. L'autore fa un buon lavoro nel presentare i protagonisti e appassionare il lettore con le loro storie, spesso grazie all'aura di mistero in cui sono avvolti. 
C'è, tuttavia, una  condizione a tutto questo, ed è abbastanza onerosa se, come me, amate speculare molto su ciò che leggete; semplicemente, la trama funziona se non ci pensate troppo. Ad esempio, all'inizio del romanzo, Daniel incontra  un uomo che si fa chiamare Lain Coubert, come l'incarnazione del diavolo nei libri di Carax, e rifiuta  la sua offerta di dargli il libro dello scrittore scomparso per bruciarlo; è la sua missione nella vita, dice, bruciare i libri di Carax. 
Naturalmente, ho pensato molto a chi potesse essere; e, giuro che vi sto dicendo la verità, la seconda cosa che mi è venuta in mente è stata: "Non sarà mica la solita storia dell'autore che brucia i suoi stessi libri, vero?".  Poi mi sono detta: "No, andiamo, questo trucco non si fa più da anni!". 
Non avevo pensato, ingenua, che il il libro era stato scritto nel 2001, quando questo trucco era appena tornato di moda, sospetto grazie a un certo film del 1999 (SPOILER SE NON L'AVETE VISTO),  ed era usato prepotentemente in ogni libro o film etichettato come thriller fino a quando Will Smith non vi ha posto una fine nel 2007 in Io sono Leggenda. 
Il guaio è che Zafón riutilizza molti tropi del genere gotico dimenticandosi che non è il primo a farlo e sicuramente non il migliore: quando nel tuo campo hai Stephen King  a farti da concorrenza, dovresti cercare di fare qualcosa di più. 
 Inoltre, le vicende sembrano a volte troppo forzate, come se dovessero essere tragiche per forza, nonostante non ci sia ragione per questo; ci sono un bel po' di situazioni che si sarebbero potute risolvere se solo i personaggi avessero pensato un po' di più (di questo parlo più avanti), ma a quanto pare il romanzo non distingue tra "situazione tragicamente senza via d'uscita" e "idiota che continua a fare gli stessi errori ancora, ancora e ancora". 
Il meccanismo del romanzo è anche un po' farraginoso: ogni volta che Daniel è a un punto morto delle sue indagini, appare un personaggio apposta per aiutarlo, spesso semplicemente raccontando la sua storia e poi scomparendo per sempre. 
Personalmente, credo che le brevi storie incapsulate qua e là siano migliori del romanzo in sé; Zafón si dovrebbe concentrare su quelle, ne verrebbe fuori qualcosa di meglio; in generale, nel romanzo, sotto l'apparenza  complessa, si nasconde un intreccio piuttosto banale che sa di già visto. 


I personaggi: come essere un egocentrico e sopravvivere, e la misoginia è male solo se la esercitano gli altri.

Partiamo da  Julián Carax, il misterioso autore intorno al quale gira tutto il libro. Dovremmo credere che si tratti di un  ragazzo brillante dotato di un dono speciale, oppresso dagli aridi burocrati a servizio della dittatura, e dalle rigide convenzioni del tempo. 
A una seconda ispezione, si tratta di un ragazzino e poi di un uomo egoista, egocentrico, che non esita a ferire chi gli sta attorno pur di ottenere quello che vuole, senza mai preoccuparsi delle conseguenze. 
Julián Carax si innamora a prima vista della bellissima Penélope, e, anche se è un amore impossibile per differenze di classi sociali e sarebbe un'orrenda idea per loro stare insieme, decidono di scappare. Il piano va male, perché Carax (scusate il tono qui, ma è esattamente ciò che succede) non sa tenerselo nei pantaloni per sei giorni, decide di fare l'amore con l'amata, e viene puntualmente scoperto. Lui riesce a scappare a Parigi, lei no. 
Questa "inevitabilità dei sentimenti" è un tema ricorrente nel romanzo, ed è usato per giustificare qualunque azione incosciente, calpestare qualsiasi amicizia e dimenticarsi delle basilari regole di sopravvivenza. Il fatto che, in fondo, a Carax non importi di nulla se non dei suoi bisogni è dimostrato dalla facilità con cui lascia che il suo amico, Miquel Moliner, si sacrifichi per lui. Fa qualche debole resistenza, ma alla fine cede. Vi immaginate Harry Potter che fa una cosa del genere?  

"Ripensandoci, questa battaglia è un errore. Uccidi pure la gente nella scuola, io
sono troppo importante"


Un altro esempio è Nuria Monfort, che sarebbe una donna brillante se non fosse innamorata di Carax, trasformandosi così da donna intelligente e forte a Martire dell'Amore, pensando sempre a  lui anche quando si sposa con Miquel. 
Tra i cattivi abbiamo Javier Fumero, un poliziotto "amico d'infanzia" di Carax e Moliner, che si è fatto strada in polizia grazie al Franchismo. Fumero è il vero cattivo della storia, ed è l'antitesi di Carax: brutto, inquietante, con odio per i libri (anche se non si da se è derivato dallo stesso Carax) o con una madre tremenda. Per tutto il il libro fa cose orribili, ma il vero e proprio punto di non ritorno, scopriamo, lo raggiunge già da ragazzino: si innamora anche lui di Penélope. In qualche modo non è adatto a lei (perché...ama gli insetti, credo. Gli insetti fanno schifo.), e non perdonerà mai a Carax di avergliela portata via, cominciando a odiare le donne nel frattempo. Possibile che la soluzione alla dittatura sia la f...lasciamo perdere. 
Un altro cattivo, anche se in questo caso è più un "buono a nulla", è Jorge Aldaya, fratello di Penélope e il mancato erede di Don Ricardo, che gli preferiva Carax (ma perché, visto che non erano paren...no, non pensate!), manipolato prima dal padre e poi da Fumero per vendicarsi di lui. In un' altra storia sarebbe potuto essere un personaggio tragico, disposto a tutto per accontentare un  padre che non l'ha mai voluto, qui invece è solo uno patetico strumento per la vendetta di Fumero. Carax non ne è particolarmente sconvolto. 
Occasionalmente, devo riconoscerlo, Carax viene richiamato sul suo comportamento egoista, addirittura accusato di voler sacrificare tutto per vivere la sua storia d'appendice. Ma è troppo poco: quando, infine, decide di bruciare i suoi stessi libri, cosciente del dolore che ha causato, tutti si precipitano a dirgli di non farlo. 
Per quanto riguarda i "personaggi attuali", Daniel e Beatriz, devo dire che non mi stavano troppo antipatici, fino a che non hanno deciso di rimettere in scena il dramma di Carax. In particolare, Beatriz decide di non fare come le ha detto il padre, ossia sposare un franchista, mettendosi con Daniel, al grido di "Salvami, ti prego!". 
Ecco un altro problema: il libro presenta diversi casi di violenza sulle donne, ma allo stesso tempo non fa nulla per discostarle dallo stereotipo di "donne innamorate" e "donzelle in difficoltà", e sono tutte delle bellezze incredibili. 

La popolazione femminile di Barcellona tra gli anni 20 e 50.



L'unica eccezione è Clara Barceló, la quale è presentata come una ragazza di facili costumi che finisce sola e invecchiata perché, presumibilmente, non ha amato un uomo con passione distruttiva.
Fermín, per quanto divertente, presenta lo stesso problema con le sue teorie sul genere femminile e su come conquistarlo, e tutte si rivelano corrette. 
Però, forse, la scena che rivela di più l'ambiguo atteggiamento del romanzo verso le donne è l'addio tra i  nostri eroi Julián e Miquel, il quale promette di lasciagli in eredità Nuria, sua moglie, perché "tutto ciò che è mio sarà tuo". 
Si commenta da solo. 


I Temi: qual è la morale?

Al solito, l'Ombra del Vento presenta la sua morale, ma nella realtà non fa molto per supportarla. Ci vuole  insegnare come il Potere delle Storie rende migliori le persone, ma i nostri eroi non  migliorano affatto, anzi; ci vuole insegnare come il contatto con una persona speciale e la sua opera ci cambi la vita, ma in realtà rovina vite intere; ci vuole insegnare come i sentimenti siano la vera forza della vita, anche se i personaggi avrebbero fatto meglio a tenerseli per sé. 

Dunque no, non è un buon romanzo, non è una grande storia, non superiore agli innumerevoli thriller che si comprano insieme ai giornali la domenica. 

Un'ultima considerazione, però, è necessaria: io ho scelto questo romanzo con un metodo opposto a Vita di Pi: se nel primo ero ben sicura di cosa comprare, influenzata dalla gente intorno a me, nel secondo mi ero fatta guidare dall'ispirazione, proprio come Daniel nel Cimitero dei Libri Dimenticati. 

Il risultato, come potete vedere, è ben chiaro. Crudele ironia, non è vero, Zafón

Come nota finale, non sperate che se ne faccia un film. Lo scrittore pensa che il libro non sia cinematografico, e questa, è, ehm...la sua opinione. Non una gran perdita, comunque. 




L'Ombra del Vento. 
Autore: Carlos Ruiz  Zafón.
Titolo Originale: La sombra del Viento.
Lingua originale: Spagnolo. 
Prima edizione: 2001
Prima edizione italiana: 2004
Casa Editrice italiana: Mondadori. 

































lunedì 10 dicembre 2012

Vita di Pi


Per cominciare, voglio parlare di un film uscito recentemente, basato su un libro. Il film in Italia uscirà il 20 dicembre, e colgo l'occasione per consigliarlo e magari salvare qualche anima infelice dall'andare a vedere l'ennesimo film di Natale. 
Partiamo dall'inizio: nel lontano 2005, poco prima di partire per l'Inghilterra, decido di comprare un libro da leggere per passare il tempo per due settimane (stento a credere che ci sia stato un tempo in cui potevo sopravvivere così a lungo senza Adsl). Vado in libreria con una mia amica, e, dopo molte ricerche e varie opzioni scartate ("Quattro amiche e cosa...? No, non mi interessano libri sulla moda"), lei mi  indica un libro con in copertina un ragazzo su una barca e una tigre. Incuriosita, leggo il risvolto e leggo la premessa: si tratta di un ragazzo indiano che fa naufragio nel bel mezzo dell'oceano Pacifico, e si ritrova su una scialuppa di salvataggio con una iena, una zebra, un orango e una feroce tigre del Bengala. 
Sul retro, c'è scritto: vincitore del Booker Prize del 2002. E poi: "Questa storia vi farà credere in Dio". 
Non so che cosa mi abbia convinta a comprarlo, se il fatto che il libro sembrava prestigioso (aveva vinto un premio! Questo vuol dire qualcosa, no?), oppure la frase che suonava come una sfida, o semplicemente la nostalgia di Harry Potter, il cui ultimo volume era ancora inedito in Italiano e la premessa che sembrava abbastanza fantasy. 
In ogni caso l'ho comprato e sono partita con il libro che mi avrebbe fatto credere in Dio. E' ancora adesso uno dei mie libri preferiti.
Devo avvertirvi di una cosa: nonostante la premessa bizzarra, il libro è quanto mai lontano dal fantasy. 
La storia è strana e visionaria, ma sorprendentemente realistica, migliore di molti romanzi d'avventura. E come molti romanzi d'avventura, usa l'artificio letterario dello scrittore che intervista il sopravvissuto, ormai adulto e residente in Canada. Pi, un ragazzo indiano , vive con i suoi genitori, proprietari di uno zoo, e suo fratello a Pondicherry, nell'India francese; Pi è un ragazzo un po' strano: invece di amare gli sport come tutti i ragazzi della sua età, è più interessato al lato spirituale delle cose, e, in una buffa sequela di eventi, finisce per convertirsi a tre religioni diverse: Induismo, Cristianesimo e Islam. 
Come dice lui: "Vuole solo amare Dio". 
La sua vita in India è bruscamente interrotta dalla decisione del padre di trasferirsi in Canada e aprire lì uno zoo; Pi si ritrova quindi ad abbandonare la sua terra natia e a imbarcarsi su un cargo che attraversa il Pacifico. Ma la nave affonda e la parte centrale del romanzo comincia. 

La storia si sforza molto di evitare le trappole del genere in cui si ritrova: è chiaro sin dall'inizio che Pi non è un eroe d'azione, non ha nessuna esperienza del mondo che non potrebbe avere qualsiasi ragazzo di quindici anni, a parte qualcosa in più sugli animali che gli ha insegnato il padre. Gli animali stessi, soprattutto la tigre, non sono graziosi animaletti parlanti alla Disney, ma animali selvaggi in piena regola, da trattare con cautela. 
Non a caso, nei primi capitoli del romanzo, il padre impartisce una dura lezione ai figli: nessun animale è davvero addomesticato se si trova sotto minaccia, e l'animale più pericoloso del mondo è  proprio l'animale antropomorfo. L'uomo guarda gli occhi dell'animale e vede sé stesso: questo atteggiamento è sbagliato in generale, e mortale in certe circostanze. 

Gli animali più pericolosi del mondo



Ciò non vuol dire che la storia non coinvolga, anzi, il rapporto tra il ragazzo e la tigre è reso ancora più toccante dal fatto che potrebbe essere vero.
Un altro tema esplorato è il sacrificio che un essere umano si ritrova a dover fare per sopravvivere in mezzo alle avversità: Pi, vegetariano, in poco tempo si ritrova a dover pescare e uccidere dei pesci per sopravvivere, e in seguito a fare cose peggiori; ma nonostante questo mantiene la sua ingenuità e la sua incrollabile fede, in tutte le sue religioni, senza mai cadere nella tentazione del cinismo o della disperazione. Personaggi del genere nella letteratura e nel cinema stanno scomparendo, spesso perché ritenuti noiosi e poco affascinanti: Vita di Pi è la prova che non è detto che sia vero, a patto che siano scritti bene, ovviamente. 

Era il 2007 quando ho letto che c'era in produzione un film tratto da questo libro: come per molti lettori, mi pareva impossibile. A parte il prologo e i primi capitoli, non ci sono personaggi umani nella storia, senza contare i deliri e le allucinazioni del protagonista in mezzo all'oceano. Suppongo sia per questo che l'abbiano ritardato tanto a lungo. 
Finalmente il film è uscito, e mi sono ricreduta: il film non solo è fedele al libro, ma è visivamente uno spettacolo: la magia del mare, sia in tempesta che durante la bonaccia, e le creature che lo abitano è una vera gioia per gli occhi. Pur non avendolo visto in 3D, non ho problemi a consigliarlo per chiunque volesse provarlo: forse è uno dei pochi film che può solo beneficiare di questa tecnica. 

I mammiferi acquatici hanno sempre l'impulso di
saltare sopra ragazzini estasiati.

Il film riesce a rendere bene tutti i temi del libro, anche quello impopolare della religione (anche se glissa, al contrario del romanzo, sulla difesa degli zoo); l'unica vera pecca è l'aggiunta di un inutile storiella d'amore per Pi all'inizio della storia: non riesco a pensare a nessuna utilità per quella sottotrama se non a stabilire che Pi è eterosessuale, anche se alla fine del film lo vediamo con famiglia e figli, quindi anche quello è ridondante. Normalmente sono a favore di inserire personaggi femminili, ma non se la loro funzione è quella di decorazione. 
Ah, e la promessa della storia di farci credere in Dio? Senza spoilerare troppo, posso dire che i capitoli finali ci presentano un'altra versione della storia, e sta a noi scegliere quale preferiamo. Lo stesso, dice Pi, vale per Dio. Sta a noi lettori crederci o meno. 

Fun Fact: Il nome della tigre, Richard Parker, viene dal romanzo Le avventure di Gordon Pym di Edgar Allan Poe, un personaggio che viene mangiato da altri naufraghi su una scialuppa. Nel 1884, si verificò un naufragio molto simile a quello descritto da Poe, e quattro persone si ritrovarono s una barca, e tirarono a sorte su chi doveva venire mangiato per primo. Il povero malcapitato era un ragazzo di diciassette anni di nome Richard Parker. 

SPOILER: Tenete bene a mente la lezione sugli animali antropomorfi, perché, quando la tigre sbrana tonnellate di suricati a metà del film, è difficilissimo non pensare "TIMON! NOOO!". Lo dico per il vostro bene. 



Vita di Pi, di Ang Lee (USA, 2012) con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Rafe Spall.








domenica 9 dicembre 2012

La prima pietra



Dopo la bellezza di cinque anni torno di nuovo a bloggare.
Nonostante questa scelta non sia del tutto libera, se così possiamo dire, devo ammettere che la tentazione di condividere i miei pensieri col mondo c'è stata sin da quando mi sono accorta che i miei amici non ne potevano più di sentirmi sproloquiare su quanto è bello o brutto un film o un libro.
Ecco quindi questo blog: una pagina web tutta mia su cui recensirò le opere che mi hanno fatto divertire o annoiare.
Alla prossima (spero presto).